I caratteri organolettici di un alimento rispecchiano le qualità percepibili attraverso uno o più organi di senso. Aspetto, colore, forma, aroma, sapore e consistenza sono solo alcuni dei caratteri organolettici più importanti e conosciuti.
Oggi parliamo dei caratteri organolettici della carne. Continua a leggere e scopri come si diventa veri intenditori in fatto di carne!
Quando si parla di carne, entrano in gioco diversi aspetti: il colore, l’odore, il sapore, la finezza, l’aspetto, la succulenza e la tenerezza.
Primo fra tutti, il colore varia in base a diversi fattori: l’età dell’animale, la sua attività muscolare (per esempio, la selvaggina ha un colorito più scuro), il sesso (in genere, il colore delle carni del maschio è più accentuato di quello delle femmine) e il tipo di alimentazione.
In base al colore dei muscoli, in seguito al processo di macellazione si distinguono:
- carni bianche: ne fanno parte vitello, agnello, capretto, lattanti in genere, pollame, conigli
- carni rosse: a questa categoria appartengono gli animali adulti ossia manzo, pecora, maiale
- carni nere: ovvero selvaggina da pelo e da piuma
Anche l’esposizione all’aria gioca un ruolo nel cambiamento di colore, soprattutto sulla carne rossa che tende progressivamente a scurirsi per azione dell’ossigeno sul pigmento rosso (mioglobina). Ma non c’è da aver paura, si tratta di una reazione chimica che non comporta un’alterazione delle caratteristiche igieniche della carne.
L’odore, invece, varia a seconda della specie animale, della sua alimentazione, dell’età e del sesso. Solitamente, la carne fresca ha odore molto tenue di acido lattico ma può avere sfumature particolari a seconda della tipologia di animale (di latte per gli animali lattanti, di erbe aromatiche per la selvaggina, di pesce per gli uccelli acquatici).
L’odore è molto importante perché permette di valutare un eventuale stato di alterazione della materia.
Il sapore è dovuto a un insieme di sostanze solubili che si trovano nella carne. Un ruolo fondamentale nel determinare il grado di sapidità è svolto dal grasso che, se presente in giusta quantità, migliora la finezza e l’intensità del gusto. La finezza, che dipende dalla quantità e dal tipo di tessuto connettivo presente nel muscolo, si valuta tagliando la carne trasversalmente rispetto alle fibre e osservando la “grana” ossia l’aspetto dei fasci muscolari. Possono essere identificati tre gradi di finezza:
- morbida e vellutata (cavallo e vitello)
- fine (manzo e vitellone)
- grossolana, ossia quando è ruvida e asciutta (bue)
Tagliando trasversalmente i fasci muscolari è possibile ottenere delle fettine sottili, tenere e di rapida cottura.
Tagliando longitudinalmente il muscolo, invece, si può valutare la tessitura della carne: si nota così la disposizione dei fasci e la quantità di connettivo compreso tra loro. Generalmente, la tessitura è compatta nel manzo, poco compatta nella vacca, molto compatta nel toro e decisamente lassa nel vitello.
Quando si parla di succosità si intende la sensazione che si libera, un vero e proprio succo, durante la masticazione. Questo aspetto dipende dallo stato del muscolo, dal grado di acidità, dalla quantità di grasso d’infiltrazione presente e dal tempo di frollatura.
Ultima delle caratteristiche organolettiche della carne è la consistenza: più l’animale è giovane, meno consistenti sono i suoi muscoli. Altra variante che determina il grado di tenerezza della carne è la quantità di grasso in essa presente: una bistecca ben marezzata, una volta cotta e fuso il grasso interno, risulterà più tenera di una carne magrissima.